Consorzio Bonifica Centro: assunzioni top secret!

Questa mattina abbiamo diffuso il seguente comunicato stampa:

Assunzioni particolari: Consorzio Bonifica Centro respinge l’istanza del M5S

“Il Consorzio Bonifica Centro, persona giuridica pubblica ed ente di gestione e risanamento del patrimonio idrico delle province di Pescara, Chieti e Teramo, ha respinto l’istanza di accesso agli atti riguardante le assunzioni di personale avvenute nel periodo 2006-2013, presentata del sottoscritto, deputato abruzzese del Movimento 5 Stelle.

L’istanza era finalizzata a conoscere i presupposti e le procedure di selezione del personale negli ultimi 7 anni, le competenze delle figure professionali prescelte ed il dettaglio degli emolumenti corrisposti, con particolare riferimento ai lavori di collegamento dell’impianto irriguo “Sinistra Pescara” con quello “Tavo/Saline”.

Il Consorzio ha motivato il proprio diniego adducendo la mancanza di “un interesse diretto, concreto, ed attuale” da parte mia, nonostante io sia portavoce istituzionale dei cittadini residenti nei territori interessati dalla bonifica delle acque.

Il rifiuto espresso dall’ente abruzzese appare davvero inspiegabile e quanto mai sospetto, anche alla luce delle voci, sicuramente false, secondo cui tra le citate assunzioni ve ne sarebbero alcune effettuate, senza concorso, in favore dei soliti “figli di”.

Quali dunque le ragioni della mancata trasparenza? Il Consorzio Bonifica Centro ha qualcosa da nascondere?

Andrea Colletti – Deputato Movimento 5 Stelle


Sfiducia al Ministro Cancellieri

https://www.youtube.com/watch?v=rh9aR6cMtMs

Signor Presidente, Ministro Cancellieri, il 29 aprile nei nostri discorsi sulla fiducia al Governo le avevamo rivolto queste precise parole: se lei si batterà per l’indipendenza della magistratura, se lei si dimostrerà indipendente, noi non soltanto la sosterremo ma la chiameremo con orgoglio Ministro della giustizia. Ebbene, signor Ministro, lei con i suoi comportamenti ha perso ogni minima fiducia che noi e i cittadini italiani riponevamo nel suo operato, mi dispiace!

Lei, signor Ministro, riferendosi alla vicenda di Giulia Ligresti, si è messa a completa disposizione della famiglia Ligresti, ritenendo ingiusto ciò che stava succedendo. Ma davvero ritiene normale che un Ministro della giustizia si metta a disposizione di una famiglia dedita alla delinquenza finanziaria? Dedita alla corruzione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)? Come il certo Salvatore Ligresti già condannato? E a favore di chi doveva mettersi a disposizione? Di una signora che, sofferente appena uscita, è andata a fare shopping sfrenato presso le migliori maison di moda?

Per questo motivo, voglio citare le parole di un grande giurista del passato, Piero Calamandrei, che sosteneva, riferendosi ai giudici: il giudice deve essere distaccato da ogni legame umano, superiore ad ogni simpatia e ad ogni amicizia, questo perché sia garantita la sua indipendenza che in uno Stato democratico si realizza secondo la massima secondo cui la legge si applica ma per gli amici si interpreta. E se vale per un giudice, dovrebbe valere ancora di più per un ministro della Repubblica; un giudice valuta e ha in mano i destini di una singola persona, un ministro ha in mano i destini di una intera comunità. Comunità che lei ha tradito.

Ministro Cancellieri, un ministro della Repubblica deve essere assolutamente imparziale rispetto ai propri interessi amicali, rispetto ai propri interessi familistici, rispetto agli interessi patrimoniali dei propri figli. Un ministro della Repubblica deve essere imparziale ma deve soprattutto apparire imparziale agli occhi dell’opinione pubblica.

Le ricordo, e mi ricordo, che in altri Paesi vi sono stati ministri, come in Germania, che si sono dimessi per aver copiato passaggi della propria tesi di dottorato; in Inghilterra, per avere addossato la colpa di una multa alla moglie; in Spagna, per essere andati a caccia con un giudice; in Svezia, per non aver pagato il canone tv. E lei, che si mette a disposizione di una famiglia di indole delinquenziale ritiene davvero di non doversi dimettere?

Lei parla di onore, di dignità; proprio per l’onore e la dignità della sua carica, una carica alta come quella di un ministro, lei si sarebbe dovuta dimettere non oggi, non ieri ma già da luglio. Perché le dimissioni non devono darsi per il fatto che sono uscite delle intercettazioni ma perché non ci si ritiene più super partes di fronte ai cittadini.

Lei sta affermando, come ha affermato oggi, di non aver mentito. Forse è vero, forse lei non avrà mentito ma ancor più grave lei ha volutamente omesso di dire la verità e chi omette di dire la verità è bugiardo quanto chi mente.

Ministro, la bugia è sfacciata, la reticenza è subdola. Il suo comportamento, da luglio fino ad oggi, forse non ha risvolti penali, ma ha sicuramente risvolti penosi. Lei dovrebbe essere un servitore dello Stato ed invece è diventata una serva dei potenti.

Cosa dire, infine, della posizione dei vari partiti, in primis il Partito Democratico, che più si è speso su questa vicenda con molte parole, molti omissioni e poche opere? In questi ultimi quindici giorni, grazie anche al fatto di essere in campagna elettorale nei propri circoli, Renzi, Cuperlo, Civati hanno affermato che sarebbe stato meglio che la Ministra si fosse dimessa; il Viceministro Fassina – sempre del PD – ha ricordato a Civati, intenzionato – sembrava – a presentare una mozione di sfiducia, che fa parte di un partito e che decisioni così rilevanti si prendono insieme. Un partito, certo, che deve decidere insieme, ma finora è stato unito soltanto dal collante dell’ipocrisia e delle poltrone.

Chiaramente voglio chiedere a quest’Aula, ma alla parte destra di quest’Aula, cosa sarebbe successo se invece del Ministro Cancellieri vi fosse stato come Ministro della giustizia un certo Nitto Palma o un certo Schifani, oppure un certo Previti: tutti – e dico tutti – ovviamente a chiedere le dimissioni per indegnità. Ho omesso volutamente il Ministro Alfano, responsabile politicamente per omissione nel sequestro di una bambina e che voi mesi fa, in nome della realpolitik, avete voluto salvare. Invece ecco arrivare ieri il diktat del Presidente del Consiglio Enrico Letta e del segretario del Partito Democratico Epifani, che preferiscono un Ministro che fa scarcerare gli amici e governare con chi dovrebbe starsene in galera, che ripudiano la guerra spendendo miliardi per gli F35 e votando il rifinanziamento delle missioni in Afghanistan, il diktat in cui ieri ha obbligato i propri soldati a fare quello che decide il Capo del Governo e dobbiamo ancora capire chi sia il vero capo di questo Governo.

Vedete, voi non dovreste obbedire a Letta, ma al volere degli italiani ed anche alla decenza istituzionale e il Partito Democratico
dovrebbe fare pace con sé stesso, decidere se la sinistra in Parlamento è davvero l’incarnazione di grandi ideali o è soltanto la parte dei seggi lasciati liberi dalla destra. Dovrebbe decidere di non deludere per l’ennesima volta i propri elettori, smettendo i panni dell’ipocrisia che sta rivestendo da anni. Per voi la politica – parole di ieri – deve ergersi sopra l’etica e la morale pubblica: niente di più sbagliato. La politica è susseguente e subalterna all’etica e alla morale pubblica.

Alcuni colleghi del PD hanno parlato di «ricatto di Letta»: con il vostro voto voi siete complici di questo ricatto, favoreggiatori di questo ricatto.

Noi ci siamo abituati ad ascoltare, da voi degli altri partiti, un profluvio di parole e di principi, ma è qui dentro, qui, con i voti che si danno in quest’Aula, e non solo quando si tratta di racimolare qualche voto in più in televisione, che si deve dimostrare di non essere i soliti ipocriti, ma di fare alla fine ciò che si promette ai cittadini.

Voi affermate che non si può votare la nostra mozione di sfiducia, perché sarebbe la nostra vittoria politica. Non è una questione politica, è una questione di giustizia e moralità.

Vede, Presidente, queste cose da politicanti su chi ha messo la firma sulle mozioni non ci interessano: noi abbiamo già votato la mozione Giachetti per togliere il porcellum, che voi non avete votato perché vi interessa tenere questa legge schifosa; noi abbiamo già votato la mozione Marcon per l’eliminazione degli F35… Ripeto, noi abbiamo votato la mozione Giachetti, un vostro deputato, su cui voi avete votato contro, sottostando al ricatto di Enrico Letta! Siete voi che non avete voluto modificare questa legge e l’avete dimostrato anche in questi giorni, siete voi che non avete eliminato gli F35 e noi abbiamo votato la mozione Marcon, un esponente di SEL.

Tutta questa ipocrisia noi, come sempre, saremo qui a ricordarvela, con la coerenza dell’agire politico che ci contraddistingue.
Dimostrate con i fatti che avete lasciato la vostra consueta via di questa ipocrisia e votate, come faremo noi, la sfiducia al Ministro Cancellieri, altrimenti semplicemente vergognatevi. Vergognatevi!


Cementificio di Scafa: la “non risposta” del Governo

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, a distanza di due mesi, ha risposto alla nostra interrogazione (leggi il testo) riguardante la chiusura del cementificio di Scafa (Pescara), inaspettatamente anticipata da Italcementi al 31 gennaio 2014.

Il nostro interesse era quello di conoscere l’intenzione o meno del Governo di adottare misure idonee a salvaguardare i 60 posti di lavoro a rischio e ricevere anche conto dell’assegnazione di 50 milioni di euro di fondi pubblici alla ditta Toto Costruzioni Generali Spa per la realizzazione di un nuovo cementificio nella vicina zona di Bussi, in assoluta contraddizione con la situazione di crisi profonda dell’intero settore edilizio, posta dalla stessa Italcementi all’origine della chiusura del suo impianto di Scafa.

Quella del Ministero si rivela una risposta insoddisfacente dal momento che non solo non contiene alcuna informazione in merito al controverso utilizzo di fondi pubblici per il nuovo (ed inquinante) cementificio di Bussi, ma omette anche di riferire quali iniziative saranno concretamente intraprese dal Governo per un rilancio occupazionale eco-sostenibile della zona.


Compagnia Italiana Turismo: ricorso sbagliato, 10 milioni di euro persi

Nel 1927 è stata istituita la Compagnia italiana turismo (CIT), i cui soci fondatori erano le Ferrovie dello Stato, il Banco di Napoli, il Banco di Sicilia e l’Ente nazionale per le industrie turistiche (ENIT), con lo scopo di promuovere l’Italia come destinazione del turismo internazionale.

Nel 1998, in seguito alla privatizzazione dell’azienda, l’imprenditore Gianvittorio Gandolfi ha acquistato la CIT dalle Ferrovie dello Stato.

Dal 1998 al 2002 il gruppo CIT ha operato investimenti per i quali ha ottenuto ingenti finanziamenti da parte dello Stato. Nonostante il consistente flusso di contributi pubblici, dal 2003 al 2005 la società si è indebitata raggiungendo un passivo di 340 milioni di euro.

Nel marzo 2006 il debito ha superato i 600 milioni così che il tribunale fallimentare di Milano ha dichiarato lo stato d’insolvenza della CIT e l’ha ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria. Successivamente, il Ministero dello sviluppo economico si è opposto allo stato passivo della CIT depositato presso il tribunale di Milano, nella speranza di ottenere il riconoscimento del privilegio per un credito di oltre 10 milioni di euro.

Nel 2011 il tribunale di Milano ha rigettato l’opposizione. L’Avvocatura dello Stato ha impugnato tale decisione presentando un ricorso alla Corte di cassazione per conto del Ministero. Tale ricorso è stato dichiarato inammissibile, dal momento che la legge fallimentare, in casi del genere, prevede l’appello in secondo grado e non il ricorso diretto alla Corte di cassazione.

Il grossolano errore di procedura ha fatto sì che al Ministero dello sviluppo economico non solo fosse definitivamente negata la possibilità di vedere soddisfatto il suo credito di ben dieci milioni di euro, ma anche che gli fossero addebitate le spese processuali per un importo di 15 mila euro.

Con l ‘interrogazione parlamentare n. 5-01200 dell’11 ottobre 2013 (leggi il testo) abbiamo allora chiesto al Governo se sia a conoscenza dell’errore procedurale commesso dall’Avvocatura dello Stato e se sia nelle sue intenzioni adoperarsi perché siano accertate le responsabilità di tale errore e sia sanzionata la condotta colposa che ha compromesso il recupero di una somma ingente – oltre 10 milioni di euro – di denaro pubblico.


Barriere architettoniche: niente fondi, lo Stato latita

Il 4 settembre 2013 il quotidiano locale abruzzese “Il Centro” ha pubblicato la storia della signora Susanna Bultrini, 49enne di Pratola Peligna (L’Aquila) che da 17 anni è affetta da sclerosi multipla. La signora Bultrini vive da 20 anni a Cremona, ma a causa dell’aggravarsi della sua malattia, ha deciso di tornare nella sua cittadina di origine dove potrà contare sull’aiuto di alcuni parenti.

La casa di Pratola Peligna ha una scalinata che impedisce alla signora di accedere liberamente nella sua abitazione. La signora Bultrini si è rivolta all’Ufficio tecnico del Comune di Pratola per ottenere il contributo previsto dalla Legge n. 13 del 9 gennaio 1989 (“Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati”) che le consentirebbe di far installare un piccolo ascensore dal costo di 12mila euro.

Il responsabile dell’ufficio l’ha informata che non avrebbe ottenuto il finanziamento pubblico né da parte della Regione Abruzzo né da parte della Provincia dell’Aquila, dal momento che tali enti non hanno fondi disponibili per tali scopi.

In merito a questa vicenda, abbiamo chiesto al Comune di Pratola Peligna, alla Provincia dell’Aquila e alla Regione Abruzzo in che modo fosse possibile reperire le risorse necessarie per risolvere il problema della signora Bultrini.

Il Comune e la Provincia ci hanno risposto che la questione è di esclusiva competenza regionale e così, in data 10 settembre 2013, abbiamo interpellato, attraverso il competente Servizio per l’edilizia residenziale, l’Assessore ai Lavori pubblici della Regione Abruzzo.

Ad oggi, trascorso un mese dalla nostra richiesta, l’Assessore non ci ha ancora fornito alcuna risposta.

Da alcune ricerche in Rete abbiamo comunque appreso che, a partire dall’anno 2000, il Fondo speciale previsto dalla legge n. 13 del 1989 per il superamento e la rimozione delle barriere architettoniche non viene più alimentato dallo Stato, fatta eccezione per un’esigua quota di risorse finanziarie affluenti al Fondo Nazionale per le Politiche Sociali. Proprio per tali ragioni, da anni, le Regioni non sono più in grado di soddisfare alcuna richiesta di finanziamento di interventi rivolti all’eliminazione e al superamento delle barriere architettoniche negli edifici privati.

Con l’interrogazione parlamentare n. 5-01154 dell’8 ottobre 2013 (leggi il testo) abbiamo allora chiesto al Governo di esprimersi in merito all’urgente rifinanziamento del Fondo speciale per l’eliminazione e il superamento delle barriere architettoniche istituito dalla Legge n. 13 del 9 gennaio 1989.

È infatti necessario dotare le Regioni di adeguate risorse finanziarie affinché queste possano erogare i contributi richiesti per gli interventi di rimozione e superamento delle barriere architettoniche e garantire così ai cittadini invalidi e ai portatori di handicap il diritto ad un’esistenza dignitosa.

Il Governo, a questo punto, ci risponderà?


Detenuti e carceri: M5S in conferenza stampa

Questa mattina abbiamo tenuto in Senato una conferenza stampa per ribadire la nostra posizione sull’emergenza carceri ed illustrare nuovamente le nostre proposte, già presentate ad agosto, per contrastare il sovraffollamento penitenziario e migliorare concretamente le condizioni dei detenuti in Italia.

https://www.youtube.com/watch?v=oUY8bkqu76s


Emergenza carceri: il fallimento di amnistia e indulto

Qui il video del mio intervento nel corso della trasmissione “Agorà”, in onda questa mattina su Rai 3. Argomento della puntata: emergenza carceri, amnistia e indulto.

https://www.youtube.com/watch?v=xAPwJEUZXBY


Phard di Mosciano: da un anno senza Cassa Integrazione

In seguito alla cessazione parziale dell’attività del suo stabilimento di Mosciano Sant’Angelo (Teramo), la Phard Spa, società operante nel settore dell’abbigliamento tessile, ha avviato nel corso del 2011 una procedura di mobilità che si è conclusa con un accordo sottoscritto dalle parti sociali in data 6 dicembre 2011 presso la provincia di Teramo. Tale accordo prevede il ricorso allo strumento della Cassa integrazione guadagni straordinaria per 60 addetti allo stabilimento, per la durata di 24 mesi a partire dal 12 dicembre 2011.

Il 22 dicembre 2011 il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, alla presenza delle parti sociali interessate, ha autorizzato la Cassa integrazione guadagni straordinaria per i dipendenti della Phard ed ha approvato un piano di interventi per la gestione delle eccedenze occupazionali dell’azienda. In quella stessa data, la regione Abruzzo e la provincia di Teramo si sono impegnate a promuovere azioni di riqualificazione e ricollocazione dei lavoratori espulsi dai processi produttivi, secondo le modalità richieste dal Fondo sociale europeo.

Contrariamente a quanto stabilito in sede ministeriale il 22 dicembre 2011, i lavoratori sospesi hanno percepito la cassa integrazione per il solo primo anno, fino al dicembre del 2012, e si sono pertanto trovati privi di reddito a partire dal gennaio del 2013. A causa dell’inaspettato e prolungato blocco della Cassa integrazione guadagni straordinaria gli ex-dipendenti della Phard e le loro famiglie versano attualmente in condizioni di gravissima difficoltà economica.

Con l’interrogazione parlamentare n. 5-01098 (leggi il testo) del 30 settembre scorso abbiamo chiesto al Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali se sia sua intenzione disporre con urgenza l’erogazione della seconda annualità (gennaio-dicembre 2013) della Cassa integrazione in favore degli ex-lavoratori dello stabilimento Phard di Mosciano Sant’Angelo (Teramo), così come stabilito nell’accordo sottoscritto con le parti sociali il 22 dicembre 2011.

Abbiamo anche chiesto al Ministro di convocare tempestivamente un tavolo di concertazione tra la regione Abruzzo, la provincia di Teramo ed i rappresentanti sindacali interessati perchè i lavoratori ex Phard siano al più presto ricollocati presso aziende operanti in settori affini nel territorio abruzzese.


Alfano junior: c’è Posta per lui

Nell’anno 2009, Alessandro Antonio Alfano, fratello minore dell’On. Angelino Alfano, Segretario del Popolo della Libertà nonchè attuale Ministro dell’Interno e Vicepremier del Governo Letta, ha conseguito la laurea in economia e finanze, ma già nel 2008, ancora privo di titolo, è stato docente del laboratorio di «Principi e strumenti di marketing» presso la facoltà di comunicazione dell’università di Roma «La Sapienza».

Nel 2010 al dottor Alfano è stata contestata la veridicità di alcuni punti del curriculum vitae presentato per partecipare al concorso – poi vinto – per un posto di segretario generale della camera di commercio di Trapani. In quell’occasione, le forze dell’ordine sequestrarono la documentazione relativa al concorso. Il dottor Alfano lasciò il posto di segretario generale dopo circa un anno per presunte cause «di forza maggiore».

Ad agosto 2013, la vicenda è stata anche oggetto di un’interrogazione parlamentare, tuttora rimasta inevasa, presentata dal deputato del gruppo Sinistra Ecologia e Libertà, Erasmo Palazzotto.

All’inizio di settembre 2013, Alessandro Alfano è stato nominato, senza concorso, dirigente di «Postecom» società di servizi internet del gruppo Poste Italiane partecipato al 100 per cento dal Ministero dell’economia e delle finanze, e avrà diritto ad uno stipendio annuo di oltre centomila euro.

Con l’interrogazione parlamentare n. 5-01035 del 17 settembre 2013 (leggi il testo), abbiamo domandato al Ministro dell’Economia e delle Finanze se fosse a conoscenza della nomina del dottor Alfano a dirigente di Postecom ed se tale nomina fosse avvenuta in seguito ad una scrupolosa valutazione del curriculum vitae del candidato e/o all’esito di una comparazione tra diversi profili professionali idonei a ricoprire quell’incarico dirigenziale.

Desideriamo sapere anche se, nell’ottica di contenimento delle spese delle società a parziale e totale partecipazione pubblica, tale nomina sia assolutamente necessaria e quali siano le motivazioni che hanno portato il management di Postecom a tale scelta irrinunciabile.

In caso di nomina illegittima, abbiamo chiesto al Ministro di inviare un dettagliato esposto alla competente Corte dei Conti e di prendere contestualmente adeguati provvedimenti nei confronti dei dirigenti della società Postecom.


Il saggio Olivetti e i “pirla a 5 stelle”

Il professor Marco Olivetti, docente di diritto costituzionale presso la facoltà di giurisprudenza dell’università di Foggia, è uno dei «saggi» componenti della Commissione per le riforme costituzionali istituita dal Presidente del Consiglio Enrico Letta. Già nel periodo 1999-2001, Antonio Maccanico, allora Ministro delle riforme istituzionali, aveva incaricato il professor Olivetti di redigere alcuni studi sui temi della stabilità di governo (1999), delle nuove frontiere della democrazia diretta (2000), del riparto di competenze tra Stato e regioni (2000) e sui metodi di cambiamento della Costituzione (2001).

Lo stesso professore risulta socio fondatore, assieme all’onorevole Luigi Bobba, deputato del Partito democratico, dell’associazione «Persone e reti» ed è stato – e non si sa se lo sia ancora – consulente del gruppo parlamentare del Partito Democratico nella scorsa legislatura. Appare pertanto evidente in che quota sia stato chiamato dal Governo a far parte della Commissione dei saggi.

La Commissione si è riunita domenica 15 settembre 2013 presso l’Hotel a quattro stelle «Villa Maria» di Francavilla al Mare (Chieti) per ultimare la relazione finale da consegnare al Governo per la consultazione delle Camere. Alla riunione ha partecipato anche il professor Olivetti che, alla vigilia dei lavori, ha aggiornato il proprio profilo Facebook con le seguenti parole: «Ecco che arrivando a Francavilla mi appare un corteo dei pirla a 5 stelle».

Con l’interrogazione parlamentare a risposta scritta n. 4-01849 del 17 settembre 2013 (leggi il testo), abbiamo chiesto al Governo, ed in particolare al Ministro per le Riforme Costituzionali se fosse al corrente dell’espressione utilizzata dal professor Olivetti per descrivere i manifestanti del Movimento 5 Stelle e se intendesse chiedere spiegazioni circa le ragioni di tale comportamento.

Abbiamo anche chiesto al Presidente del Consiglio di voler meglio specificare le motivazioni che hanno portato alla nomina del professor Olivetti a componente della Commissione, fugando il dubbio che si sia perpetuata la prassi di affidare incarichi e consulenze ai soliti noti anziché privilegiare il merito e l’assoluta imparzialità. Di certo le parole pronunciata dal «saggio» Olivetti vanno a squalificare la credibilità dell’intera Commissione voluta dalla maggioranza di Governo.