I politici permettono alle assicurazioni di fare profitti indecenti sugli italiani e sulle vittime degli incidenti stradali

https://www.youtube.com/watch?v=mRiu3sBBH0Q

Vi faccio un esempio tratto da uno studio IVASS (Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni) che ha fatto una comparazione fra il sistema RC Auto in Italia e quello europeo al 2012.

Indovinate qual è il margine tecnico – cioè la differenza fra il premio RC Auto che paghiamo e i costi delle assicurazioni – in Europa e in Italia?
In Europa in media è 2 euro per ogni polizza, in Italia è 49 EURO per ogni polizza!

In Italia ci sono 49 milioni di macchine, se moltiplichiamo per 49 euro vuol dire 2 miliardi e 400 milioni di euro di utile per le assicurazioni.

Per impedire tutto ciò basterebbe un tetto di 2 euro al margine tecnico delle assicurazioni e avremmo subito un notevole risparmio per ogni polizza. Secondo voi perchè non lo fanno? Ci sono forse finanziamenti alla politica da parte delle assicurazioni? Fin quando i bilanci delle fondazioni politiche non saranno resi pubblici avremo sempre il dubbio che si facciano leggi a vantaggio di chi finanzia la politica stessa.

Altro tema: nel disegno di legge predisposto dal governo Renzi c’è una delega al governo stesso per abbassare, fino alla metà, i risarcimenti per le vittime di incidenti stradali.
Cosa ne sarà della tutela delle vittime della strada? Abbandonate dallo Stato e raggirate dalle compagnie di assicurazione a mezzo della politica.

Di questo ho parlato al convegno dell’Associazione Mo Bast a Napoli.


Farmacia di Montesilvano svenduta al privato

“Dopo 16 ore di consiglio comunale la maggioranza ha votato per l’affidamento al privato della farmacia comunale. Abbiamo combattuto con i nostri emendamenti e le nostre posizioni nette sulla farmacia ed a tutela dei dipendenti che vi lavorano.

Siamo riusciti con un emendamento a fare in modo che i dipendenti non verranno poi licenziati dal privato che subentrerà. È una vittoria importante di tutta l’opposizione dopo la nostra opera di sfiancheggiamento.

Inoltre abbiamo diviso la delibera in discussione perché prevedeva anche la presenza dell’implemento del servizio di trasporto dei disabili. Inizialmente volevano votarla insieme alla svendita della farmacia, come fecero in parlamento con il decreto IMU-BANKITALIA. A quest’ultima abbiamo votato favorevoli.

Comunque oggi è una sconfitta della politica. Oggi è una sconfitta di Montesilvano”.

Manuel Anelli – Consigliere comunale M5S a Montesilvano

Leggi qui l’intervento fatto in consiglio Comunale.


M5S nel Comune di Pescara. Si vede la differenza!

Ecco un altro esempio di come cambiano le cose quando entrano all’interno delle istituzioni, anche come opposizione, dei consiglieri del Movimento 5 Stelle.

Arrivati all’interno del Consiglio comunale di Pescara ci siamo subito accorti come erano assolutamente abnormi i 36 milioni di € di crediti inesigibili del Comune di Pescara.

Ma cosa sono i crediti inesigibili? Sono quei crediti che l’amministrazione ha nei confronti di aziende e privati e che non riesce a riscuotere, soprattutto perchè prescritti (o debitamente nascosti).
Ovvero: mentre i cittadini pescaresi pagano tasse su tasse ci sono pochi ma ricchi furbetti che possono anche non pagarle le tasse.

La cosa peggiore è che la Soget è una società privata!
Perchè questa società non richiedeva le tasse a determinate persone? Cosa c’è sotto?

Finalmente dopo le denunce del Movimento 5 Stelle – nonostante le minacce di querele del Sindaco del Pd Alessandrini indirizzate ai consiglieri del M5S – la Procura di Pescara apre un fascicolo ed effettua delle perquisizioni alla Soget ed al Comune di Pescara.

Aspettiamo con ansia di conoscere i furbetti che hanno beneficiato dello sguardo assente della Soget e del Comune di Pescara


Proposta per l’istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla ricostruzione dell’Aquila

Con la Proposta di inchiesta n.22, presentata il 5 marzo 2014, abbiamo proposto di istituire una Commissione parlamentare monocamerale di inchiesta sulla gestione delle attività di ricostruzione della città dell’Aquila e delle aree colpite dal sisma del 6 aprile 2009.

Alle ore 3,32 del 6 aprile 2009 un terremoto di magnitudo 5,9 ha devastato la città dell’Aquila e oltre 160 comuni abruzzesi provocando la morte di 309 persone, circa 1.600 feriti e oltre 67.000 sfollati. Oltre a questa tragedia, il terremoto ha portato alla distruzione degli edifici di molti comuni e di gran parte del centro storico dell’Aquila. Gli interessi economici che hanno ruotato e che tuttora ruotano intorno alla ricostruzione sono evidentemente enormi. Un rapporto firmato da Soren Sondergaard, deputato europeo della sinistra unitaria inviato in Italia per verificare le modalità di utilizzo del denaro dei contribuenti dell’Unione, recita: « Ogni appartamento è costato il 158 per cento in più del valore di mercato, il 42 per cento degli edifici è stato realizzato con i soldi dei contribuenti europei, solo il calcestruzzo è stato pagato 4 milioni di euro in più del previsto. E 21 milioni in più i pilastri dei palazzi ».

Il dossier ha informato la Commissione europea dei sopralluoghi negli edifici del progetto denominato « Complessi antisismici sostenibili ed ecocompatibili (CASE) » e in quelli dei moduli abitativi provvisori (MAP). Si segnala la qualità delle costruzioni dei MAP: « il materiale è generalmente scarso (…) impianti elettrici difettosi (…) intonaco infiammabile alcuni edifici sono stati evacuati per ordine della magistratura perché pericolosi e insalubri (…). Quello di Cansatessa è stato interamente evacuato (54 famiglie) e la persona responsabile per l’appalto pubblico è stato arrestato e altre 10 persone sono sotto inchiesta ».

I problemi in realtà non hanno riguardato solo il costosissimo progetto CASE ma anche tutti quegli appalti, fatti e gestiti in emergenza, derogando al codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (meglio noto come codice degli appalti), i quali hanno previsto un costo decisamente superiore al costo che si sarebbe potuto avere con un bando di gara « normale ».

D’altro canto poco chiari sono stati gli interessi prima della protezione civile (che ha gestito la prima emergenza) e poi della struttura commissariale per la ricostruzione. Intanto la situazione del centro storico dell’Aquila, dopo cinque anni, è rimasta pressoché invariata: nella « zona rossa » sono stati ricostruiti solo un paio di edifici. Si rende allora più che mai necessario indagare sulle scelte che sono state fatte fin dalle prime fasi della ricostruzione e se tali scelte sono state prese tutelando gli interessi delle popolazioni colpite o quelli della criminalità organizzata e no. Vanno approfondite le informazioni sulle risorse erogate e sulle commistioni tra affari, appalti e criminalità, nonché sul suo grado di infiltrazione nel contesto economico-istituzionale della regione Abruzzo. Per tutte queste ragioni, si propone di istituire una .


Basta barriere architettoniche

Questa mattina in Consiglio comunale abbiamo fatto fare un passo storico al Comune di Montesilvano perché abbiamo, tramite un ordine del giorno del M5S Montesilvano, approvato l’iter preliminare per la realizzazione del Piano di Eliminazione delle Barriere Architettoniche. 

Cos’è il PEBA? È il Piano per la gestione e la pianificazione urbanistica e contiene la rilevazione e l’identificazione di tutte le barriere architettoniche presenti negli spazi pubblici e negli edifici pubblici di proprietà del comune, le proposte per la loro eliminazione, la stima dei costi degli interventi e la tempistica.

Il Comune di Montesilvano non ha mai adottato un piano di eliminazione delle barriere architettoniche. Inoltre è necessario elaborare un piano condiviso, consultabile, aggiornabile e strategico al fine di dare risposte immediate alle esigenze delle persone diversamente abili che vivono situazioni di sofferenza nell’uso degli spazi e strutture pubbliche a causa della presenza di ostacoli e barrire architettoniche.

Vorremmo ricordare le parole del Presidente dell’ANCI Piero Fassino ha invitato tutti i sindaci ad “avviare, se gia’ non è stato fatto, le attività necessarie per l’adozione nei Comuni dei Piani di eliminazione delle barriere architettoniche e, soprattutto, a sollecitare ed impegnare gli organi comunali preposti affinchè sia assicurata la piena fruibilità degli spazi pubblici da parte di tutti i cittadini’’.

Questa mattina abbiamo impegnato l’amministrazione ed il comune di Montesilvano a:

  1. a realizzare, nel termine di 6 mesi, di concerto con le associazioni interessate il tavolo tecnico di studio e realizzazione propedeutico del PEBA  (piano di eliminazione delle barriere architettoniche);
  2. a destinare una somma stabilita tra il 5% ed il 10% dei proventi annuali derivanti dai permessi di costruire e delle sanzioni in materia urbanistica ed edilizia alla realizzazione di interventi per l’eliminazione delle barriere architettoniche;
  3. che la prima domenica di ottobre di ogni anno, di concerto con le associazioni interessate si realizzino iniziative volte a informare e sensibilizzare i cittadini sui temi legati all’esistenza delle barriere architettoniche.

L’atto risulta RIVOLUZIONARIO non solo perché per la prima volta approviamo il piano a Montesilvano, ma anche e soprattutto perché andiamo a fare in modo che la città più cementificata della riviera Adriatica destini somme derivanti dai proventi annuali dei permessi di costruire e delle sanzioni in materia urbanistica alla realizzazione di interventi per l’eliminazione delle barriere architettoniche.

In consiglio comunale di oggi è stato bellissimo perché abbiamo assistito ad una grandissima partecipazione di cittadini portatori di handicap, interessati all’argomento e desiderosi di vedere la propria città in regola con una legge mai applicata. Erano presenti sia l’ufficio Disabilità del comune di Montesilvano sia l’associazione Carrozzine Determinate.

Un ringraziamento particolare debbo farlo a Claudio Ferrante, difensore delle problematiche dei diversamente abili, che ci ha assistito nella stesura del documento e che ci aiuterà a portare avanti i successivi step.


Proposta di legge per l’accelerazione del processo civile

La Proposta di legge n. 2921 “Modifiche al codice di procedura civile e altre disposizioni per l’accelerazione del processo civile“, presentata il 2 marzo 2015, intende rimediare ad uno dei principali problemi della giustizia civile: la lentezza dei processi.

I dati che devastano le statistiche sono ormai tristemente noti a tutti da anni: un processo civile in Italia si protrae in media 1.514 giorni fino all’Appello, più altri 34,1 mesi in Cassazione: una durata media di sette anni che, è evidente, nega di fatto la giustizia a chi ne ha diritto favorendo, invece, chi ha imparato a strumentalizzare tale durata per interessi dilatori non certo meritevoli.

Attualmente, un processo civile ordinario tra due parti, in mancanza di eccezioni preliminari e con una sola udienza per l’assunzione delle prove testimoniali, potrebbe durare tra i 365 giorni ed i 380 giorni, ovvero poco più di un anno; un anno e mezzo se si dovesse far luogo anche a consulenza tecnica d’ufficio. Il tutto senza comprimere il ruolo degli avvocati e violare il diritto di accesso alla giustizia.

La crisi della giustizia civile, che è realtà condivisa da tutti gli operatori del diritto, è individuabile sotto diversi profili tra cui: la carenza di magistrati, cancellieri ed ufficiali giudiziari, dovuta probabilmente ad un problema di costi; tempi processuali di rinvio delle udienze troppo lunghi (si tratta probabilmente di un problema legato alla carenza di organico di cui al punto che precede); tempi troppo lunghi per gli elaborati quali la consulenza tecnica, il cui carente o ritardato deposito può e deve essere sanzionato.

Come se non bastasse, dati del ministero della giustizia informano di un trend in costante crescita a riprova che poco vi hanno inciso i numerosi interventi del legislatore susseguitisi nel corso degli ultimi anni. Il problema dell’elevato numero dei processi che vengono instaurati ogni anno non può essere arginato con l’innalzamento dei costi dell’accesso alla giustizia, che equivale solo a rendere più gravoso l’esercizio di un diritto costituzionalmente garantito. E’ necessario, piuttosto, intervenire sull’efficienza del sistema e rendere più rapida la produzione delle sentenze, senza tuttavia che la velocizzazione vada a discapito della qualità.

Un capitolo particolarmente rilevante in materia di giustizia attiene al tema del recupero dei crediti sia in relazione alla possibilità di ottenere rapidamente un titolo esecutivo sia in relazione al riconoscimento di interessi legali in misura tale da compensare la durata del processo esecutivo, prevedendo, ad esempio, un tasso di interesse calcolato secondo il tasso annuale dei titoli di stato a 12 mesi o superiore. Una tale previsione normativa può anche incentivare il debitore a saldare il proprio debito in un tempo più contenuto e, in ogni caso, il tempo di durata del procedimento esecutivo vedrebbe il creditore compensato in maniera adeguata invece che incentivato ad un ingiusto stralcio del credito.

Occorre, inoltre, intervenire sui costi di esercizio del diritto di credito in modo da eliminare, o quanto meno contenere, le penalizzazioni economiche legate agli oneri ante (contributo unificato) e post causa (imposta di registro).

Dal 1989 in poi si sono susseguite numerose riforme del codice di procedura civile che, non solo non hanno portato ad un’effettiva accelerazione del processo ma che, negli ultimi tempi, sono orientate a scoraggiare il ricorso alla giurisdizione limitando, se non sopprimendo, il “diritto ad ottenere tutela dallo Stato”.

Costi di accesso sempre più alti, formalismo esasperato, mancato controllo sulla qualità e quantità del lavoro dei Giudici, assenza di uniformità delle decisioni con conseguente incertezza del diritto, introduzione di responsabilità diretta a carico dell’avvocato per cause ritenute temerarie, addirittura stravolgendo e introducendo norme respinte nel ben più organico lavoro della Commissione Ministeriale presieduta dal Prof. Vaccarella, hanno trasformato la Giustizia (istituzione chiamata a dare risposte affinché i cittadini possano evitare l’escalation del conflitto) in una scommessa dall’esito incerto e, comunque, in un privilegio per ricchi e per chi ha tempo.

Il degrado della giustizia civile allontana gli investimenti esteri in quanto è ritenuto da molti economicamente folle investire in un paese dove la burocrazia costa il triplo che altrove e dove la soluzione dei contenziosi arriva spesso troppo tardi.

Incidere sul corpo normativo esistente, in modo da imporre una accelerazione nelle procedure, non è compito agevole soprattutto se si intende farlo senza stravolgerne l’impianto.

La presente proposta di legge si prefigge quindi di imprimere un’accelerazione al processo civile secondo uno schema che tenta di correggere molte delle distorsioni che i precedenti modelli hanno evidenziato. Cerca di rispondere all’esigenza, che incarna un diritto costituzionalmente garantito, di chi intende conseguire il riconoscimento giudiziale dei propri diritti senza vedersi limitato l’accesso alla Giustizia con oneri non necessari e, soprattutto, tali da creare un sostanziale sbilanciamento tra chi può e chi non può “permettersi” di affrontare e sostenere i costi di un giudizio civile. Connesse ai costi, seppure in maniera indiretta, sono le problematiche, che con la presente proposta si sono volute affrontare, legate alla necessità di ovviare alle lungaggini del processo. Viene, pertanto, richiesto alla magistratura di allinearsi ai tempi imposti alla classe forense anche con l’assunzione di precise responsabilità.