Alfano junior: c’è Posta per lui

Nell’anno 2009, Alessandro Antonio Alfano, fratello minore dell’On. Angelino Alfano, Segretario del Popolo della Libertà nonchè attuale Ministro dell’Interno e Vicepremier del Governo Letta, ha conseguito la laurea in economia e finanze, ma già nel 2008, ancora privo di titolo, è stato docente del laboratorio di «Principi e strumenti di marketing» presso la facoltà di comunicazione dell’università di Roma «La Sapienza».

Nel 2010 al dottor Alfano è stata contestata la veridicità di alcuni punti del curriculum vitae presentato per partecipare al concorso – poi vinto – per un posto di segretario generale della camera di commercio di Trapani. In quell’occasione, le forze dell’ordine sequestrarono la documentazione relativa al concorso. Il dottor Alfano lasciò il posto di segretario generale dopo circa un anno per presunte cause «di forza maggiore».

Ad agosto 2013, la vicenda è stata anche oggetto di un’interrogazione parlamentare, tuttora rimasta inevasa, presentata dal deputato del gruppo Sinistra Ecologia e Libertà, Erasmo Palazzotto.

All’inizio di settembre 2013, Alessandro Alfano è stato nominato, senza concorso, dirigente di «Postecom» società di servizi internet del gruppo Poste Italiane partecipato al 100 per cento dal Ministero dell’economia e delle finanze, e avrà diritto ad uno stipendio annuo di oltre centomila euro.

Con l’interrogazione parlamentare n. 5-01035 del 17 settembre 2013 (leggi il testo), abbiamo domandato al Ministro dell’Economia e delle Finanze se fosse a conoscenza della nomina del dottor Alfano a dirigente di Postecom ed se tale nomina fosse avvenuta in seguito ad una scrupolosa valutazione del curriculum vitae del candidato e/o all’esito di una comparazione tra diversi profili professionali idonei a ricoprire quell’incarico dirigenziale.

Desideriamo sapere anche se, nell’ottica di contenimento delle spese delle società a parziale e totale partecipazione pubblica, tale nomina sia assolutamente necessaria e quali siano le motivazioni che hanno portato il management di Postecom a tale scelta irrinunciabile.

In caso di nomina illegittima, abbiamo chiesto al Ministro di inviare un dettagliato esposto alla competente Corte dei Conti e di prendere contestualmente adeguati provvedimenti nei confronti dei dirigenti della società Postecom.


Il saggio Olivetti e i “pirla a 5 stelle”

Il professor Marco Olivetti, docente di diritto costituzionale presso la facoltà di giurisprudenza dell’università di Foggia, è uno dei «saggi» componenti della Commissione per le riforme costituzionali istituita dal Presidente del Consiglio Enrico Letta. Già nel periodo 1999-2001, Antonio Maccanico, allora Ministro delle riforme istituzionali, aveva incaricato il professor Olivetti di redigere alcuni studi sui temi della stabilità di governo (1999), delle nuove frontiere della democrazia diretta (2000), del riparto di competenze tra Stato e regioni (2000) e sui metodi di cambiamento della Costituzione (2001).

Lo stesso professore risulta socio fondatore, assieme all’onorevole Luigi Bobba, deputato del Partito democratico, dell’associazione «Persone e reti» ed è stato – e non si sa se lo sia ancora – consulente del gruppo parlamentare del Partito Democratico nella scorsa legislatura. Appare pertanto evidente in che quota sia stato chiamato dal Governo a far parte della Commissione dei saggi.

La Commissione si è riunita domenica 15 settembre 2013 presso l’Hotel a quattro stelle «Villa Maria» di Francavilla al Mare (Chieti) per ultimare la relazione finale da consegnare al Governo per la consultazione delle Camere. Alla riunione ha partecipato anche il professor Olivetti che, alla vigilia dei lavori, ha aggiornato il proprio profilo Facebook con le seguenti parole: «Ecco che arrivando a Francavilla mi appare un corteo dei pirla a 5 stelle».

Con l’interrogazione parlamentare a risposta scritta n. 4-01849 del 17 settembre 2013 (leggi il testo), abbiamo chiesto al Governo, ed in particolare al Ministro per le Riforme Costituzionali se fosse al corrente dell’espressione utilizzata dal professor Olivetti per descrivere i manifestanti del Movimento 5 Stelle e se intendesse chiedere spiegazioni circa le ragioni di tale comportamento.

Abbiamo anche chiesto al Presidente del Consiglio di voler meglio specificare le motivazioni che hanno portato alla nomina del professor Olivetti a componente della Commissione, fugando il dubbio che si sia perpetuata la prassi di affidare incarichi e consulenze ai soliti noti anziché privilegiare il merito e l’assoluta imparzialità. Di certo le parole pronunciata dal «saggio» Olivetti vanno a squalificare la credibilità dell’intera Commissione voluta dalla maggioranza di Governo.


Filippo Salsone, vittima della mafia senza contributi

All’inizio degli anni ’80 il maresciallo della polizia penitenziaria Filippo Salsone prestava servizio presso il carcere di Cosenza in stretta collaborazione con l’allora direttore Sergio Cosmai. Salsone era considerato una spina nel fianco dai detenuti e dagli esponenti della criminalità organizzata locale per la sua integrità e per l’impegno nel far rispettare le regole all’interno del carcere. Per queste ragioni, il 7 febbraio 1986 il maresciallo fu assassinato da tre sicari mentre tornava a casa dei suoi genitori a Brancaleone, un centro di 3.500 anime in provincia di Reggio Calabria. Gli autori del delitto non sono mai stati individuati.

Nel 1987, un anno dopo l’omicidio, il capo della polizia ha inserito il maresciallo Salsone tra le vittime del dovere. Nel 2003, il sindaco di Brancaleone (Reggio Calabria) gli ha intitolato una strada e nel 2007 gli è stata dedicata la caserma della polizia penitenziaria di Palmi (Reggio Calabria). Nel 2010, il presidente della Repubblica ha insignito il maresciallo della medaglia d’oro al merito civile, con la seguente motivazione: «Consapevole del grave rischio personale si impegnò con coraggio e fermezza a ripristinare il rispetto delle regole e la disciplina all’interno di alcuni istituti penitenziari, ove erano detenuti elementi di spicco delle locali cosche criminali, rimanendo quindi vittima di un vile agguato».

Concetta Minniti, vedova di Salsone, ed i figli Paolo e Antonino, hanno chiesto il riconoscimento dei contributi previsti dalla legge 3 agosto 2004, n. 206 («Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice»), ma il Ministero dell’interno, sulla base dei pareri espressi dalla prefettura di Reggio Calabria e dal capo della Polizia, ha negato l’erogazione dei contributi, specificando che l’omicidio non è riconducibile a una vicenda di mafia.

Con l’interrogazione parlamentare n. 5.01023 del 17 settembre 2013 (leggi il testo) abbiamo chiesto al Ministro dell’Interno se intenda disporre con urgenza il riconoscimento dei contributi previsti dalla legge in favore dei familiari del maresciallo Salsone e se intenda altresì motivare il diniego finora espresso in merito alla concessione di tali contributi che contrasta apertamente con le onorificenze assegnate al maresciallo, vittima del dovere, assassinato dalla mafia.


Scafa-Bussi: il valzer dei cementifici

Abbiamo presentato un’interrogazione parlamentare (atto n. 5-00959, leggi il testo completo) a sostegno dei lavoratori del cementificio di Scafa (Pescara) che stanno rischiando il posto di lavoro in seguito alla decisione di Italcementi di chiudere il proprio impianto a partire dal 31 gennaio 2014 anziché dal 2015, come precedentemente concordato con il Ministero del Lavoro.

L’azienda ha motivato l’anticipo della chiusura con il perdurare della crisi dell’intera filiera delle costruzioni che ha visto diminuire le proprie vendite di oltre il 50% negli ultimi dieci anni.

In evidente contraddizione con quanto asserito da Italcementi ci è parsa la notizia recente di un interessamento della ditta Toto Costruzioni Generali Spa alla realizzazione di un nuovo cementificio nei pressi di Bussi sul Tirino (Pescara), non molto distante da Scafa, mediante l’utilizzo di circa 50 milioni di euro di fondi pubblici destinati alla bonifica di quel territorio.

Tali fondi, inspiegabilmente congelati dal Commissario straordinario delegato all’emergenza socio-economico-ambientale del bacino del fiume Aterno, potrebbero dunque essere spesi per allestire un nuovo cementificio a soli venti chilometri da un altro cementificio in chiusura.

In merito alla vicenda, abbiamo chiesto l’intervento urgente del Governo non solo per tutelare i lavoratori del cementificio di Scafa, ma anche e soprattutto affinché le risorse economiche pubbliche non siano utilizzate per costruire un nuovo impianto inquinante, ma per realizzare uno sviluppo industriale e occupazionale della zona sostenibile dal punto di vista economico ed ambientale.