Quirinale: “Ridicolo censurare il nome del Presidente”

Successivamente al mio intervento alla Camera del 26 luglio scorso (ripreso nel video qui a fianco), in cui sono stato invitato dalla Presidente Boldrini a non nominare il Presidente della Repubblica, le agenzie di stampa hanno riportato una nota dello stesso Quirinaleche ha espresso la propria posizione netta al riguardo:

“Ai presidenti delle Camere spetta di garantire, nel dibattito parlamentare, il rispetto di regole di correttezza istituzionale e di moderazione del linguaggio. È invece semplicemente ridicolo il tentativo di far ritenere che il presidente della Repubblica aspiri a non essere nominato o citato in modo appropriato nel corso delle discussioni in Parlamento”.

https://www.youtube.com/watch?v=5HJ0PlriQTU


Proposta di legge per istituire una Commissione di inchiesta sulla vicenda Shalabayeva

Con la Proposta di legge n. 1422, datata 25 luglio 2013, abbiamo proposto di istituire una Commissione parlamentare di inchiesta che faccia luce sull’espulsione della Sig.ra Alma Shalabayeva e di sua figlia dal territorio italiano verso il Kazakistan, seguita al cosiddetto “blitz” nel quartiere Casalpalocco di Roma della notte tra il 28 e il 29 maggio 2013 ad opera di una squadra di decine di agenti della Polizia di Roma, tra cui uomini della Squadra Mobile, dell’Ufficio Stranieri e della Digos.

Non sono note infatti né la struttura di comando né le motivazioni di un’operazione di polizia di tale portata, assai rilevante sotto il profilo della sicurezza interna, delle relazioni diplomatiche e, soprattutto, della difesa dei diritti umani. Questi infatti, vengono regolarmente violati in Kazakistan ove il regime attualmente al potere riserva agli oppositori – quale è da considerare la Sig.ra Shalabayeva – sevizie e torture disumane.


Riconversione degli ex zuccherifici: allarme rosso!

Oggi abbiamo diffuso il seguente comunicato stampa.

Il Governo ci riprova con i commissari ad acta per le riconversioni degli ex zuccherifici, per cercare di imporre più facilmente ai cittadini impianti inaccettabili sul territorio, come le mega centrali a biomasse proposte a Fermo, Castiglion Fiorentino, Celano, Russi, Finale Emilia ed altri.

Con una manovra degna dei peggiori giochi di prestigio, il Governo tenta di far rientrare dalla finestra quello che la Corte Costituzionale ha già cacciato fuori dalla porta appena tre mesi fa: con la sentenza n. 62 del 5 aprile 2013 (leggi la sentenza), infatti, la suprema Corte ha cassato il comma 2 dell’ art. 29 del DL 5/2012 (leggi il testo) con il quale l’allora premier del primo inciucio, il prof. Monti, aveva tentato di legittimare la nomina dei commissari ad acta per le riconversioni degli ex zuccherifici.

Ed in effetti alcuni commissari ministeriali erano stati anche nominati per i siti di Castiglion Fiorentino (Arezzo), Celano (L’Aquila), Finale Emilia (Modena), Portoviro (Rovigo), nonché annunciati per la riconversione di Fermo (leggi l’articolo).

Su istanza della Regione Veneto, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 62 del 5 aprile 2013, ha cassato questa possibilità, dal momento che “L’art. 29 in esame deve essere ascritto alla materia agricoltura riservata alla competenza legislativa residuale delle Regioni: ne consegue che la norma viene a porsi in contrasto con l’art. 117 Cost. tanto se la si interpreti come attributiva di un potere regolamentare, quanto amministrativo”.

Oggi, il Governo prova a forzare ulteriormente la mano, riproponendo in due emendamenti all’art. 6 del cosiddetto Decreto del Fare, che aggiungono allo stesso articolo i commi 4 bis e 4 ter (vedere qui, a pag 195), il medesimo tentativo di imporre i commissari, stavolta eludendo ed aggirando persino quanto sancito dalla suprema Corte e cercando in maniera scomposta di ascrivere i progetti di riconversione degli zuccherifici al di fuori della materia “agricoltura”, per superare le sopra citate motivazioni della Consulta.

Questo tentativo appare piuttosto incoerente con l’intero quadro normativo in cui si collocano i progetti di riconversione del settore bieticolo-saccarifero e la loro implementazione: lo stesso regolamento (CE) n. 320/2006 del Consiglio, del 20 febbraio 2006 (leggi il testo), al quale nel comma 4 ter vengono fatti riferire i progetti in questione, è “relativo a un regime temporaneo per la ristrutturazione dell’industria dello zucchero nella Comunità europea, che modifica il regolamento CE n. 1290/2005 relativo al funzionamento della politica agricola comune”(come ricordato dalla stessa Consulta nella sentenza sopra citata).

Non è chiaro inoltre sulla base di quali criteri, nella proposta di comma 4bis, vengano definiti “di interesse strategico” e “priorità di carattere nazionale” impianti devastanti per il territorio come le mega centrali proposte nella gran parte delle riconversioni, che drenano miliardi di euro di incentivi pubblici a vantaggio di pochi (im)prenditori.

Il M5S si opporrà, dentro e fuori le aule parlamentari, a questo ennesimo tentativo di passare sopra tutto e tutti, persino sopra i diritti primari sanciti dalla Costituzione e dai giudici costituzionali, esigendo il rispetto delle regole e del volere dei cittadini, ad iniziare già dalla presentazione di un OdG per la seduta della Camera di oggi, a firma del deputato Donatella Agostinelli.

Riteniamo che su temi come questi non ci si possa più dividere sulla base di appartenenze partitiche, sfuggendo alle proprie responsabilità: invitiamo pertanto tutti i parlamentari provenienti dalle Regioni interessate alle riconversioni (Marche, Abruzzo, Toscana ed Emilia Romagna in primis), sulle quali potrebbero ricadere gli effetti di illegittimi commissariamenti ad acta, a contrastare con forza ed a far rimuovere i commi 4bis e 4 ter dell’art. 6 che ripropongono tali commissari.

Come parlamentari abbiamo il DOVERE di far rispettare la Costituzione ed i Diritti dei cittadini, senza piegarli alle esigenze dei soliti noti a scapito della intera collettività.

Roma, 24 Luglio 2013

Andrea Colletti, Donatella Agostinelli, Vittorio Ferraresi, Andrea Cecconi, Patrizia Terzoni – Deputati Movimento 5 Stelle


Pescara: il filobus al capolinea?

Con l’interrogazione a risposta scritta n. 4/01271 (leggi il testo completo) abbiamo chiesto al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e al Ministro dell’Ambiente se siano a conoscenza delle gravi criticità riguardanti l’appalto della Filovia Pescara-Montesilvano e se ritengano, nell’ambito delle rispettive prerogative e competenze, di attivarsi per valutare l’opportunità di proseguire la realizzazione di un’opera fortemente controversa, invisa ai cittadini che gravitano sul tracciato riservato e che costituiscono, principalmente, i potenziali fruitori del servizio, tanto più che l’opera, ancorché destinataria di un cospicuo finanziamento pubblico, appare priva dei fondamenti tecnico-economici a presidio di un equilibrato rapporto costi/benefici per la Comunità, in netto contrasto col dettato della Legge n. 211 del 26 febbraio 1992.

A Pescara, da oltre due anni, un buon numero di Associazioni e Comitati si batte contro la messa in opera del sistema di trasporto pubblico elettrificato denominato TPL Pescara-Montesilvano, consistente in una filovia di soli 5,750 km di percorso dal costo stimato di 31 milioni di euro.

Il finanziamento, disposto ai sensi della Legge n. 211 del 26 febbraio 1992, è stato infatti accordato dal CIPE alla Stazione appaltante in assenza del prescritto “parere favorevole” della Commissione di Alta Vigilanza (CAV).

Sussiste poi un’accertata inadeguatezza strutturale del tracciato riservato, dal momento che il sottofondo della c.d. “Strada Parco” (ex tracciato della linea ferroviaria adriatica) è privo del necessario basamento in calcestruzzo armato cui ancorare stabilmente i markers magnetici della guida automatica vincolata in dotazione al rotabile.

Il progetto, peraltro, non è mai stato assoggettato alla procedura V.I.A., ancorché dovuta, anche ai sensi della vigente normativa ambientale comunitaria. Attualmente è in corso una procedura (tardiva) di Screening di VIA a sanatoria.

Ulteriori criticità dell’appalto attengono alle difformità tecniche che sarebbero state riscontrate tra il veicolo offerto in gara, sulla carta a guida magnetica vincolata e a tecnologia altamente innovativa in grado di surclassare i rotabili proposti dalle altre due ditte concorrenti, ed il Phileas effettivamente consegnato in deposito alla Stazione appaltante GTM il 19 novembre 2011.

Dopo il tanto declamato impiego di alta tecnologia – con un investimento che supera di tre volte quello di una filovia tradizionale (la Commissione di Alta Vigilanza aveva valutato in 10 milioni di Euro il costo di una filovia convenzionale di appena 8 Km in luogo dei 31 milioni erogati dal CIPE il 19 dicembre 2002), viene nei fatti fornito un obsoleto filobus sulla tratta riservata, dal devastante impatto ambientale sul pregevole stato dei luoghi, che si trasforma poi in un normale autobus a gasolio nel centro cittadino, per di più dall’altissimo inquinamento atmosferico procurato dall’abnorme consumo di carburante (1 Km/litro).

Ciò, in evidente contrasto con le prescrizioni del Ministero dei Trasporti, di cui alla Relazione n. R.U. 59885 (TIF5)/211 PE del 6 dicembre 2006, pag.14, e con quanto risultante in sede di gara, laddove l’appalto era stato indetto e vinto con l’aggiudicazione di una commessa di 25 milioni di Euro, volta alla creazione di un sistema innovativo a tecnologia avanzata per il trasporto pubblico locale di massa a bassissimo inquinamento atmosferico.


La lotta alla Camorra nel Sud-Pontino

Da anni si assiste in tutta la zona del Sud Pontino (Formia, Fondi, Sabaudia, Gaeta e dintorni) al dilagare di fenomeni speculativi che hanno consentito una cementificazione selvaggia e frequenti fenomeni di abusivismo agevolati dalle connessioni tra politica ed imprenditoria locale. In questo intreccio hanno trovato e trovano terreno fertile le organizzazioni affaristico/malavitose campane e calabresi interessate ad investire ingenti capitali di provenienza illecita nel settore edile ed in quello turistico/commerciale. In particolare, il territorio pontino è infestato da pericolosi clan criminali come i Bardellino, Esposito/Giuliano, Mallardo, Moccia, Casalesi, Bidognetti e Fabbrocino a Formia, il clan Nuvoletta di Cosa Nostra nella zona portuale di Gaeta, il clan Schiavone/Mallardo della ’Ndrangheta a Fondi, i clan Mallardo, Fabbrocino e Schiavone a Itri e il clan Cava/Schiavone a Sabaudia.

Si è dimostrata priva di efficacia l’opera di contrasto da parte delle forze dell’ordine locali, mal distribuite sul territorio ed impreparate a svolgere indagini patrimoniali per aggredire i capitali di origine illecita. L’esistenza di due commissariati di polizia tra Formia e Gaeta, ad esempio, ha portato ad uno spreco di uomini e risorse che si potrebbero evitare istituendo – come proposto dall’Associazione Caponnetto – un unico distretto dotato di un’apposita squadra di polizia giudiziaria che consenta di aumentare i controlli sul territorio e contrastare il traffico di capitali illeciti.

Sarebbe anche utile affiancare alla direzione distrettuale Antimafia (DDA) di Roma le procedure di Latina e Cassino dotandole della delega alle indagini ex articolo 51 comma 3-bis del Codice di procedura penale per la persecuzione dei reati di cui all’articolo 416-bis del Codice penale («Associazione di tipo mafioso»). Vi sono infatti i presupposti perché si scateni a Formia una guerra di camorra tra i clan Esposito/Giuliano o Bardellino, entrati in conflitto per motivi legati ad interessi economici concorrenti ed al massiccio traffico di stupefacenti praticato da entrambi nel Sud Pontino. Il rischio di una escalation di atti di violenza è molto elevato, come lasciano presagire le risse e gli avvertimenti di stile camorristico susseguitisi nelle ultime settimane di fronte ad alcuni bar della città, come riportato dalla stampa locale.

In merito alla situazione descritta sopra, abbiamo depositato un’interrogazione a risposta scritta (Atto Camera 4-01155, leggi l’atto) per chiedere ai Ministri dell’Interno e della Giustizia, per quanto di loro competenza, se intendono adottare con urgenza ogni misura di polizia idonea a prevenire un’eventuale guerra di camorra nella città di Formia e, più in generale, nel Sud Pontino, anche attraverso l’avvio di verifiche patrimoniali a tappeto e con l’ausilio di reparti specializzati quali i gruppi di investigazione sulla Criminalità organizzata (GICO) della Guardia di finanza.

Abbiamo anche chiesto al Ministro dell’interno se ritenga di approfondire la proposta dell’associazione Caponnetto circa la creazione di un unico distretto di polizia nel Golfo di Gaeta che unifichi le funzioni dei due commissariati attualmente esistenti per contrastare più efficacemente la criminalità organizzata.


Procreazione assistita: il diritto alla diagnosi pre-impianto

Il Tribunale di Cagliari, con ordinanza del 9 novembre 2012 ha stabilito che l’Azienda Sanitaria Locale (ASL) e l’Ospedale Regionale per le Microcitemie di Cagliari, in persona del suo legale rappresentante, debbano eseguire, nell’ambito dell’intervento di procreazione medicalmente assistita, l’esame clinico e diagnostico sugli embrioni e trasferire in utero, qualora richiesto dalla donna, solo gli embrioni sani o portatori sani delle patologie da cui i genitori risultino affetti. La citata ordinanza ha disposto altresì che, qualora la struttura sanitaria pubblica si trovi nell’impossibilità di erogare la prestazione sanitaria tempestivamente in forma diretta, tale prestazione possa essere erogata in forma indiretta, mediante il ricorso ad altre strutture sanitarie.

È dunque lecito effettuare la diagnosi pre-impianto qualora “sia stata richiesta dai soggetti indicati nell’art. 14, 5° comma, Legge 40/2004 coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugati o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi, abbia ad oggetto gli embrioni destinati all’impianto nel grembo materno e sia strumentale all’accertamento di eventuali malattie dell’embrione per garantire a coloro che abbiano avuto legittimo accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita una adeguata informazione sullo stato di salute degli embrioni da impiantare.

Quanto espresso nell’ordinanza ribadisce i principi affermati dallo stesso tribunale di Cagliari e da quello di Firenze rispettivamente con la sentenza del 24 settembre 2007 e con l’ordinanza del 17 dicembre 2007. In quelle sedi, i ricorrenti avevano ottenuto che fosse dichiarato in via cautelare il diritto ad una diagnosi genetica pre-impianto al fine di trasferire e impiantare embrioni che non presentassero in forma conclamata la specifica patologia di cui erano portatori i genitori. Questi ultimi avevano ricevuto il rifiuto della struttura sanitaria alla diagnosi a seguito dell’entrata in vigore della Legge 40/2004 e delle Linee Guida sulla Procreazione medicalmente assistita di cui al decreto del Ministro della Salute del 21 luglio 2004. Sebbene non abbia riguardato direttamente il tema della diagnosi pre-impianto, va anche ricordata, per le argomentazioni e i principi desumibili, la sentenza della Corte Costituzionale dell’8 maggio 2009, n. 151, con la quale è stata, tra l’altro, dichiarata la incostituzionalità dell’art. 14, comma 3, della legge 19 febbraio 2004, n. 40, nella parte in cui non prevede che il trasferimento degli embrioni debba essere effettuato senza pregiudizio della salute della donna. Nel giudizio di legittimità costituzionale, la Corte ha messo in evidenza come, dalla stessa legge n. 40 del 2004 si evinca che la tutela dell’embrione non è assoluta, ma limitata dalla necessità di individuare un giusto bilanciamento con la tutela delle esigenze di procreazione.

Successivamente, il Tribunale di Salerno, in data 9 gennaio 2010, ha ammesso con ordinanza la diagnosi pre-impianto sull’embrione anche per coppie fertili che presentino un rischio qualificato di trasmissione di malattie gravi e inguaribili. Lo scopo primario della diagnosi pre-impianto è infatti proprio quello di consentire ai genitori una decisione informata e consapevole in ordine al trasferimento degli embrioni ovvero al rifiuto di detto trasferimento. Ad oggi sono trascorsi otto mesi dalla pronuncia del Tribunale, ma l’Ospedale per le Microcitemie di Cagliari non ha ancora effettuato alcuna diagnosi pre-impianto e, nonostante i ripetuti solleciti, la ASL non ha ancora attivato alcuna convenzione per affidare gli esami ad una struttura sanitaria esterna, come prescritto dall’ordinanza stessa.

Con l’interrogazione a risposta scritta n. 4-01001 (leggi l’atto) abbiamo chiesto al Ministro della Salute se intenda accertare la mancata ottemperanza da parte dell’Ospedale per le Microcitemie e della ASL di Cagliari di quanto disposto dall’ordinanza del 9 novembre 2012 ed invitare dette strutture sanitarie a compiere tutti gli atti necessari per eseguire, senza ulteriore ritardo, gli esami diagnostici richiesti. Abbiamo anche chiesto al Ministro se ritenga di attivarsi perché siano assicurati su tutto il territorio nazionale i trattamenti medici previsti dalla Legge n. 40 del 19 febbraio 2004, al fine di garantire l’uguaglianza dei cittadini ed il fondamentale diritto alla salute, come previsto dagli artt. 3 e 32 della Costituzione.