La Corte di Cassazione Penale, Sezione VI, del 2 marzo 2020, n. 8377, conferma l’orientamento giurisprudenziale in base al quale il sanitario, in servizio di guardia medica, risponde del reato di rifiuto di atti d’ufficio qualora non intervenga tempestivamente alla richiesta di intervento domiciliare urgente ma si limiti alla somministrazione telefonica.

 

FATTO

Innanzi al Tribunale di Bolzano veniva incardinato processo penale nei confronti di un sanitario – addetto al servizio di guardia medica – imputato del reato di rifiuto di atti d’ufficio ex art. 328 c.p.

Il capo di imputazione consisteva nell’essersi rifiutato di effettuare una visita medica domiciliare ad una malata oncologica terminale, limitandosi ad indicare la possibilità di richiedere l’intervento del Servizio Sanitario di Urgenza ed Emergenza.

Ciò accadeva nonostante la donna fosse in preda ad atroci sofferenze, tali da decedere circa un’ora più tardi dalla richiesta di intervento al sanitario, avanzata dal di lei figlio.

Il Tribunale in composizione collegiale mandava assolto l’imputato “perché il fatto non costituisce reato”.

A seguito di gravame interposto dal Pubblico Ministero, la Corte di Appello di Trento, contrariamente a quanto deciso dai giudici di primo grado, affermava la necessità della visita domiciliare da parte del sanitario, finalizzata ad un adeguato rimedio per alleviare il dolore. Inoltre, qualificava come indebita l’indicazione di rivolgersi al servizio del “118”.

Avverso la sentenza di secondo grado, il sanitario proponeva ricorso per Cassazione.

 

DIRITTO

Il reato del quale si discorre è quello di rifiuto od omissione di atti d’ufficio, previsto e punito dall’art. 328 c.p. e posto a presidio del corretto svolgimento della funzione pubblica.

Secondo la classificazione elaborata dalla dottrina trattasi di reato di pericolo, dunque si prescinde dalla lesione in concreto del bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice, risultando sufficiente, ai fini dell’integrazione del reato, che lo stesso sia messo a rischio dalla condotta del soggetto agente.

E’ altresì qualificato come reato istantaneo, in quanto al verificarsi della violazione del dovere di ufficio o servizio, il reato è consumato, e ancora come reato proprio in quanto può essere commesso solo da un soggetto rivestito di una determinata qualifica ossia il pubblico ufficialeo l’incaricato di pubblico servizio.

La norma si compone di due commi, i quali, rispettivamente, cristallizzano due condotte differenti. Oggetto di disamina è la previsione di cui al primo comma.

Affinché possa ritenersi configurata la condotta tipizzata occorre che la stessa sia stata posta in essere da un soggetto qualificato e che a fronte di una richiesta di adempimento, vi sia un indebito rifiuto a porre in essere gli atti di ufficio.

Il meccanismo sanzionatorio trova applicazione qualora il rifiuto sia connotato dall’assenza di una giustificazione plausibile e l’atto di ufficio sia indifferibile e doveroso nonché compiuto per specifiche ragioni di giustizia, sicurezza pubblica, ordine pubblico, igiene e sanità.

 

LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE PENALE

La Corte conferma il percorso logico – giuridico seguito dai giudici dell’appello anche perché conforme all’orientamento di legittimità oramai consolidatosi nel tempo.

Risulta essere fondata la responsabilità del ricorrente per aver violato l’obbligo di effettuare la visita domiciliare nonostante la situazione di emergenza; visita che avrebbe finanche permesso di optare per un trattamento diverso rispetto a quello praticato dagli operatori del 118.

Questa Cassazione condivide quell’orientamentogiurisprudenziale a tenore delquale sussiste il reato di omissione  di atti d’ufficio nell’ipotesi in cui un sanitario addetto al servizio di guardia medica non aderisca alla richiesta di intervento domiciliare urgente, limitandosi a suggerire al paziente l’opportunità di richiedere l’intervento del “118” per il trasporto in ospedale, dimostrando così di essersi reso conto che la situazione denunciata richiedeva il tempestivo intervento di un sanitario(Cfr.: Cass. Pen., Sez. VI, del 28maggio 2008, n. 35344; Cass. Pen, Sez. VI, del 15 maggio 2007, n. 34471).

Trattasi di un intervento improcrastinabile, il quale, al netto di altre esigenze di servizio idonee a determinare un conflitto di doveri, deve essere attuato con urgenza, valutando specificamente le peculiari condizioni del paziente. (Cfr. Cass. Pen., Sez. Vi, del 12 luglio 2017, n. 43123)

In tema di doverosità, gli Ermellini richiamano la Convenzione della guardia medica di cui al D.P.R., 25 gennaio 1991, n. 41 e, in particolare, l’art. 13, comma 3, per il quale “durante il turno di guardia il medico è tenuto a effettuare al più presto tutti gli interventi che gli siano richiesti direttamente dall’utente”.

Dunque, se da una parte in capo al sanitario sussiste il potere – dovere di valutare la necessità della visita domiciliare, dall’altra parte tale discrezionalità può essere sindacata dal giudice sulla base degli elementi di prova acquisiti. (ex multis: Cass. Pen., Sez. VI, del 30 ottobre 2012, n. 23817; Cass. Pen., Sez. VI, del 21 giugno 1999, n. 8837).

Alla luce di tali considerazioni, per la Suprema Corte, la sentenza impugnata non è incorsa in vizi logici e giuridici nell’affermare la rilevante omissione del ricorrente nell’assenza di altre soluzioni, come una consulenza telefonica in ordine ad indicazioni terapeutiche, oppure una visita in ambulatorio, in una situazione di grave compromissione della salute della madre dell’utente che aveva interpellato il predetto medico.